Il progetto è nel processo

foto di Giovanni Ricci e Annalisa Guidetti

Il mio lavoro è una continua attenzione per recepire cogliere selezionare individuare
ogni possibile traccia del vissuto che contenga in sè un potenziale di mobilità.
Anche la più piccola scheggia di ferro che entra nel mio lavoro,
ci entra perché aveva in sé qualcosa che la predisponeva al movimento, a partecipare a un movimento.
Il mio fare consiste nel manipolare il materiale con le mani.

La manipolazione risponde alle indicazioni che stanno dentro ai materiali.
Il progetto dell’opera è, per me, una continua interrogazione con il desiderio dell’opera.
Chiedo nello stesso momento in cui mi sto rispondendo.

Sento l’arte come un movimento
che ho bisogno di avere incessante e sempre vivo, e gratificante.

Le varie singole scelte, tutti i singoli atti, le più minute selezioni,
non possono non essere sostenute che da una tensione positiva.
Certo, mi interessa assai il risultato finale,
ma per arrivare al mio risultato “speciale” è anche importante il processo.

Il progetto è nel processo.

C’è un punto in cui l’opera mi si dà, mi è uscita dalle mani, è là, e io posso riconoscerla come fatta.

Valerio Anceschi